Le
recenti dichiarazioni del ministro per la Transizione ecologica, Roberto
Cingolani, sulla sostenibilità degli allevamenti hanno scatenato un
vivace dibattito sfociato in una lettera aperta del professor Giuseppe
Pulina, presidente di Carni Sostenibili, docente di Zootecnica speciale
all’università di Sassari e collaboratore di ARAER, che volentieri
pubblichiamo. Al documento è stato riservato un giusto spazio negli
organi di stampa nazionale a iniziare dal Sole 24 Ore e nelle ore
successive alla pubblicazione il ministro Cingolani si è messo in
contatto con il professor Pulina convenendo sulla necessità di un
confronto tra le parti su basi scientifiche. L’auspicio è che il
confronto avvenga in tempi brevi.
Egregio Ministro, prof. Roberto Cingolani, il
compito che Le è stato assegnato è di centrale importanza per il nostro
Paese, specialmente in questo periodo storico: traghettare l’Italia
verso uno sviluppo sostenibile che sappia conciliare tutela
dell’ambiente e produttività. Da
molti anni il settore delle carni e dei salumi in Italia, che
l’associazione no-profit Carni Sostenibili riunisce con lo scopo di
sviluppare un dibattito basato su evidenze scientifiche e su documenti
ufficiali di istituzioni governative intorno al comparto, si è dato un
obiettivo simile: produrre cibo sufficiente, accessibile e di alta
qualità per soddisfare la domanda crescente a livello mondiale,
impattando sempre meno sull’ambiente.
Sappiamo che la strada verso una completa sostenibilità delle attività
umane, fra cui la produzione della carne, è un percorso lungo, una
transizione appunto, e in questo cammino l’auspicio è che il nostro
comparto, sempre più un modello di riferimento per il resto del mondo,
diventi parte della soluzione e non solo un problema da liquidare
sbrigativamente. A questo proposito, vorremmo condividere con Lei i
“veri” numeri del comparto zootecnico italiano, consci che dietro a ogni
dato c’è il lavoro di professionisti, scienziati, agricoltori,
allevatori, agronomi, veterinari, che quotidianamente trasformano
ricerca e innovazione in buone pratiche a tutela delle persone, degli
animali e dell’ambiente.
Quanto inquina la produzione di carne in Italia? Sempre meno, e
l’affermazione è ancora più vera se confrontiamo le attività messe in
campo dal nostro Paese con quelle del resto del mondo.
Grazie alla continua ricerca di efficienza attraverso l’utilizzo di
nuove tecnologie applicate all’intera filiera, infatti, l’Italia si è
dimostrata un Paese estremamente virtuoso: dal 1970 ad oggi ha quasi
dimezzato le emissioni del principale gas serrigeno, il metano, per
produrre un chilo di proteine animali, passando da 28 Kg di CO2
equivalente a 12 kg (elaborazione su Serie Storiche ISTAT e Coderoni ed
Espositi, 2013, Franco Angeli). Inoltre, la FAO stima l’incidenza delle
emissioni riferite a tutta la zootecnia (carne, latte
e uova) al 14,5% su scala globale e l’ISPRA al 5,2% per l’Italia.
Il settore carni, escludendo latte e uova, si colloca così sotto il 10%
nel primo caso e sotto il 4% nel secondo.
Allo stesso modo oggi in Italia siamo in grado di usare per la
produzione di carne il 25% d’acqua in meno rispetto alla media
mondiale. Nel nostro Paese, in un allevamento efficiente i
consumi idrici per un chilogrammo di carne bovina si attestano sui 790
litri. A livello complessivo l’intero settore delle carni (bovino,
avicolo e suino) impiega per l’80-90% risorse idriche che fanno parte
del naturale ciclo dell’acqua e che sono restituite all’ambiente
come l’acqua piovana, mentre solo il 10-20%
dell’acqua necessaria per produrre 1 kg di carne viene effettivamente
consumata. Il
tema dell’antimicrobico-resistenza, poi, è centrale per il nostro
settore, cosciente del fatto che necessitano anni di studi affinché la
sempre più rapida e continua assunzione di responsabilità del comparto
zootecnico possa essere oggettivamente evidenziata. Di conseguenza, in
base agli ultimi dati Ue (EMA /ESVAC 2020), che registrano un
calo storico delle vendite di antibiotici in Italia del
42% dal 2010 al 2018, possiamo ragionevolmente affermare che
l’uso di queste sostanze nelle filiere zootecniche sia oggi
ulteriormente e proporzionalmente diminuito, pur non possedendo ancora i
dati ufficiali. E
per quanto riguarda l’occupazione? In Italia
il settore delle produzioni zootecniche
(carne, latte e uova) occupa complessivamente 250.000 persone,
è costituito da 270.000 aziende agricole e di trasformazione e
genera un fatturato per il nostro Paese di 40 miliardi di euro.
Se invece consideriamo il solo settore delle carni (bovine, suine e
avicole), gli occupati nell’intera filiera sono circa 180.000, con un
fatturato generato di 30 miliardi di euro (10 miliardi alla produzione e
20 miliardi nella industria di trasformazione). In
ultimo, una doverosa riflessione sul consumo di carne in Italia.
La tradizione alimentare del nostro Paese, che ha fondato il modello
della Dieta Mediterranea, esempio di misura e salubrità
in tutto il mondo, prevede che il consumo di carne sia fra i più bassi
in Europa e assolutamente in linea con le raccomandazioni dell’OMS.
Infatti, iI “consumo reale” pro-capite di carni, che prende in
considerazione tutta la carne consumata, indipendentemente dalle
modalità̀ di assunzione (cruda, cotta, trasformata in salumi, presente
in preparazioni alimentari miste, inscatolata ecc.) e dai luoghi dove si
sceglie di consumarla (casa, ristoranti, fast food, mense, bancarelle
ecc.), corrisponde a 36,8 kg all’anno, dato ben diverso
da quello “apparente” che comprende anche le parti non edibili
dell’animale come ossa, grasso e cartilagini. Con riferimento
alla sola carne bovina, il consumo reale in Italia è 9 kg
pro-capite all’anno, corrispondenti a meno di 25 grammi
al giorno per persona. Una quantità ben al di sotto
delle raccomandazioni dell’OMS che fissano a 100 grammi il limite minimo
oltre il quale il consumo giornaliero di carne rossa inizia a generare
rischi per la salute umana.
Speriamo che l’intenzione di mettere in fila i numeri e le più recenti
ricerche sul settore possano rappresentare un contributo concreto al Suo
lavoro. Il messaggio che vorremmo condividere con Lei è la crescente
attenzione del settore italiano degli allevatori e dei trasformatori
delle carni ai temi della transizione green, perché lavorare per
restituire un sistema sempre più sostenibile è l’obiettivo che da anni
ci siamo prefissati. Oggi la pandemia ci ha richiesto uno sforzo ancora
maggiore nell’assicurare cibo sicuro e disponibile a tutti, mentre a
livello europeo siamo impegnati in una sfida che definirà i capisaldi
della strategia sull’intero settore nel prossimo decennio. Ecco che in
questo contesto così delicato per il settore italiano delle carni è
sempre più essenziale contribuire alla diffusione e alla condivisione di
informazioni scientificamente corrette.
Roma, 5 marzo 2021
|