Araer
(Associazione regionale allevatori dell’Emilia Romagna) e Università di
Parma alleate a difesa della biodiversità. È
infatti di questi giorni la nascita di una convenzione tra Araer e
Dipartimento di Scienze Medico-Veterinarie dell’Ateneo parmigiano volta
alla salvaguardia della Cornigliese, una razza ovina
autoctona, tipica dell’Appennino. “La Cornigliese è allevata
principalmente per il consumo di carne - precisa Alessandro
Raffaini responsabile della Sezione Araer di Parma -
attualmente conta circa un migliaio di capi, iscritti al Libro
genealogico gestito dall’Associazione nazionale della pastorizia
(Assonapa, ndr), distribuiti in 11 allevamenti dislocati
soprattutto in alcuni comuni delle montagne parmigiane.
“L’impegno di Araer per la salvaguardia della razza Cornigliese non
rappresenta solamente un ulteriore elemento a difesa della biodiversità
– afferma il direttore dell’Associazione, Claudio Bovo
– è anche mantenere un presidio del territorio, soprattutto in quelle
aree marginali che possono trarre beneficio dalla transumanza degli
animali”.
L’esigenza di tutelare la Cornigliese non può prescindere dall’aspetto
genetico. Ed è da qui che nasce la convenzione tra Araer e
Università di Parma. “Alcuni anni fa abbiamo avviato una
ricerca, finanziata dalla Provincia di Parma, in base alla quale
volevamo creare un nucleo di riproduttori di razza
Cornigliese che fossero geneticamente resistenti alla
scrapie – afferma il professor
Alberto
Sabbioni, docente presso il Dipartimento di Scienze
Medico-Veterinarie all’Università di Parma – malattia che colpisce
solamente gli ovicaprini e attacca il sistema nervoso centrale degli
animali. La nostra attività ha così portato alla nascita, nel 2019, di
una femmina e nel 2020 di due maschi omozigoti, tutti resistenti al
gene, suscitando molto interesse perché frutto di un’intensa
attività scientifica che doveva trovare uno sbocco”. A
quel punto è stata coinvolta Araer, che su indicazione
del Dipartimento universitario ha messo a punto un bando
competitivo per individuare gli allevatori a cui regalare,
letteralmente, i due maschi resistenti al gene per essere inseriti come
riproduttori all’interno dei rispettivi allevamenti. “È stato un lavoro
molto interessante e fruttuoso – continua il professor Sabbioni –
intanto perché il bando prevedeva a carico degli allevatori
potenzialmente assegnatari il rispetto di una specifica serie di
requisiti messi a punto da Araer e Assonapa, tra cui
non aver usufruito in passato di analoghe concessioni, risiedere e
condurre l’allevamento nella zona di origine della razza, essere in
regola con tutte le normative previste dalle due associazioni di
riferimento. A questo abbiamo voluto aggiungere la possibilità, per
l’allevatore assegnatario, di regalare ad altri colleghi la progenie dei
due riproduttori al fine di creare un circuito virtuoso attraverso il
quale poter aumentare il numero di capi allevati tutelando la
sopravvivenza della razza, senza dimenticare un aspetto fondamentale: il
Piano
nazionale di riferimento stabilisce che i riproduttori
presenti in allevamento devono essere solamente quelli resistenti al
gene della scrapie”.
All’indomani della pubblicazione del bando per individuare gli
allevatori assegnatari dei due arieti le risposte non si sono fatte
attendere, segno tangibile di quell’interesse cui faceva riferimento il
professor Sabbioni. “Per Araer questa ulteriore nuova
forma di collaborazione con l’Università di Parma è
motivo di grande soddisfazione – sottolinea infine Claudio Bovo – Non
solo siamo riusciti a creare una sinergia per dare seguito a un progetto
di ricerca scientifica che può concretizzarsi solamente in ambìto
universitario, ma soprattutto abbiamo individuato insieme la strada da
percorrere per salvaguardare una razza storica, oggi
anche presidio Slow Food”.
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